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Il Passante compie 10 anni: dal 2009 più di 220 milioni di veicoli in meno a Mestre

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Il Passante di Mestre, l’opera che ha rivoluzionato la mobilità del Nordest, compie 10 anni. L’8 febbraio 2009 entrava infatti ufficialmente in esercizio il tratto autostradale lungo 32,3 chilometri, da Pianiga a Quarto d’Altino, che ha permesso di bypassare il vecchio tratto urbano della A4, poi ridenominata A57-Tangenziale di Mestre.

I benefici dell’opera sono evidenti: praticamente azzerati gli incolonnamenti, pressoché quotidiani, lungo il vecchio tratto urbano della A4, dimezzati i tempi di percorrenza, migliorato di gran lunga anche l’aspetto ambientale attorno al nodo di Mestre, con oltre 220 milioni di veicoli “tolti” dal tratto autostradale urbano in 10 anni.
 
Storia e caratteristiche. Il Passante di Mestre si sviluppa attraverso 9 tratti in trincea, 8 gallerie artificiali e 4 viadotti, attraversando due province (Venezia e Treviso) e 12 comuni. È stato aperto al traffico l’8 febbraio 2009 e gestito fin dal primo giorno da CAV-Concessioni Autostradali Venete, S.p.A. costituita per legge circa un anno prima, il 1° marzo 2008, da Anas S.p.A. e Regione Veneto.
Pochi giorni dopo l’entrata in esercizio, il 18 febbraio 2009, è diventato operativo il casello di Preganziol, il 14 luglio dello stesso anno ha aperto quello di Spinea, mentre quello di Martellago-Scorzè è stato aperto al traffico il 1° aprile 2015. Alle tre stazioni intermedie si aggiungono le due interconnessioni alle estremità con la A57-Tangenziale di Mestre e quella, aperta il 24 maggio 2009, con la A27.
 
I dati. Nell’ultimo anno di esercizio, il 2018, il Passante di Mestre ha registrato 25.821.204 transiti di veicoli (18.380.564 leggeri, 7.440.640 pesanti), con una media di circa 71.000 veicoli al giorno, di cui più di 20.000 pesanti: si tratta di una mole di traffico consistente che, in assenza dell’opera, avrebbe gravato sul vecchio tratto urbano della A4 e quindi sul nodo di Mestre. Il dato naturalmente va inquadrato nel periodo storico attuale, che vede da qualche anno un aumento generalizzato del traffico, frutto anche della ripresa economica, tenendo presente che la congiuntura è iniziata più o meno contestualmente all’apertura dell’opera. Dal giorno dell’apertura al 31 dicembre scorso sono stati 220.196.815 i veicoli che hanno percorso il Passante nelle due carreggiate.

Significativo, in questo decennio, è il beneficio apportato dalla nuova infrastruttura al territorio anche in termini di drenaggio del traffico dalla viabilità ordinaria. A tale riguardo si fa presente che imovimenti di stazione attorno ai tre caselli aperti lungo il tracciato risultano più che raddoppiati dal 2009 al 2018. Lo scorso anno i movimenti di traffico totali attorno alle stazioni di Preganziol, Martellago-Scorzè e Spinea hanno segnato l’apice con 7.624.940 veicoli in entrata e uscita, contro i 5.697.447 registrati nel 2015, primo anno di contestuale apertura di tutti e tre i caselli del Passante.

Nuove sfide. «I dati sui flussi di traffico – afferma la presidente di CAV Luisa Serato – mostrano chiaramente come quella del Passante di Mestre sia una sfida vinta e gli effetti positivi per il territorio siano sotto gli occhi di tutti. Non si tratta però solamente di tracciare un bilancio dei 10 anni trascorsi: la sfida, da qui in avanti, è implementare l’opera di mitigazione ambientale del Passante, che inevitabilmente ha segnato i territori attraversati. Per farlo, stiamo approntando la miglior soluzione tecnico-giuridica che ci permetta di realizzare il Passante Verde 2.0: un progetto ambizioso che è molto più di una fascia boscata e che prevede la nascita di un polmone verde diffuso lungo tutto il tracciato, primo esempio di autostrada green in Italia».

Finora, lungo il Passante, sono stati realizzati circa 128 ettari di aree verdi, con la messa a dimora di 15 mila arbusti e 34 mila alberature. L’obiettivo ora è coinvolgere i territori e i proprietari dei terreni per renderli partecipi della fase 2 del progetto: «Con l’obiettivo – conclude Serato – di dimostrare che le opere volute e condivise si possono trasformare in benefici, non solo economici, per l’intera collettività».